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Dopo il primo libro di prose e le 100 poesie di “se ami la vita”, per Carla Cevo era prevedibile, se non fatale, l’approdo al romanzo. La storia di Betta è una storia di vita, un romanzo di formazione un “bildungsroman” in cui, ancora una volta, come sempre, è in scena una donna. La narrazione si apre su una quotidianità affannosa nella sua banalità, che contrasta con lo spirito inquieto della protagonista, su un rapporto che mostra i segni dell’usura, per poi tornare indietro nel tempo, al recupero memoriale di una infanzia affascinante e mitica, alla scoperta, giorno per giorno, della natura, agli aggetti, al ricordo del padre antifascista, alle angustie della guerra, vissute con l’animo di una bimba, spesso più curiosa che impaurita, e poi il dopoguerra, il risorgere della speranza, la libertà di muoversi, di scoprire altri luoghi, altre città.
E’ un dilatarsi del tempo e dello spazio, un ampliarsi degli orizzonti e dell’animo, uno scoprire crescendo, passo dopo passo, la propria vocazione di persona, di donna, di intellettuale, in giro per l’Europa e oltre, vivendo gli entusiasmi, le illusioni e i disinganni che sono i suoi e sono stati anche i nostri, in una società che è andata tumultuosamente evolvendosi.
Il percorso però non si conclude ripiegandosi sulle sconfitte della vita, si proietta invece verso il futuro, con speranza e coraggio, animato dall’esperienza sublime dell’essere madre.
Ancora una volta Carla ci coinvolge e ci obbliga a pensare, e ciò non è poco, in un periodo in cui il pensare sembra essere cosa sempre più rara.
Enrico Carini